Alimentazione sana
Quasi immancabilmente questa è l’osservazione che riceviamo dai nostri clienti non appena iniziano il percorso dietetico.
“Nelle prime settimane ho perso 5 chili, ma da molti giorni l’ago della bilancia si è fermato e pur mangiando i vostri menu e seguendo scrupolosamente le vostre indicazioni per gli altri pasti della giornata, sia in termini di qualità sia in quantità, non riesco più a dimagrire”.
Quasi immancabilmente questa è l’osservazione che riceviamo dai nostri clienti non appena iniziano il percorso dietetico. Per spiegare questo fenomeno dobbiamo però andare un po’ indietro nel tempo e, precisamente, a quando i nostri antenati avevano il problema opposto scontrandosi quotidianamente con il problema dell’approvvigionamento di cibo e con la fame, oltre a essere sempre a rischio di carestie.
Solo da pochi decenni, con l’avvento dell’industrializzazione e del boom economico a partire dagli Anni Sessanta, (e parliamo solo dei paesi occidentali) abbiamo troppo da mangiare e, quindi, i nostri meccanismi di regolazione metabolica non sono strutturati a difenderci dall’obesità.
Alcuni dei meccanismi fisiologici per cui si fa difficoltà a dimagrire sono ben conosciuti e, pur non volendo entrare nei dettagli della biochimica, ci sembra opportuno spiegare quello più comune il più semplicemente possibile.
Quando mangiamo, l’energia prodotta nelle nostre cellule viene immagazzinata in una molecola che si chiama ATP (Adenosin Tri Fosfato) ed in particolare nei legami dei 3 gruppi fosforici, come vedete nell’immagine sotto.
Quanto più alta è la concentrazione di ATP tanta più energia abbiamo accumulato, come quando la batteria della nostra macchina è stata messa sotto carica.
Nell’arco della giornata noi consumiamo energia in vario modo: alcuni processi avvengono in maniera autonoma (ci riferiamo a quello che consumiamo per respirare, per far battere il nostro cuore, per mantenere la temperatura corporea, etc) altri sono legati ad attività fisica più o meno intensa.
L’ATP stacca un legame fosforico ad alta energia e diventa ADP (Adenosin Bi Fosfato) e poi AMP (Adenosin Mono Fosfato). Ad un certo punto, l’energia che avevamo accumulato si riduce molto, e la concentrazione di AMP è più alta di quella dell’ATP.
È come se fossimo rimasti in macchina a motore spento con le luci accese ad ascoltare musica: la batteria si scarica e a un certo punto compare una spia rossa che ci avverte del livello basso della batteria.
Nelle nostre cellule avviene qualcosa di simile, si attiva il gene del AMP che si chiama AMPK (Adenosin Mono Fosfato Chinasi) che invia segnali al nostro corpo per rallentare la spesa energetica, ovvero ci invita a consumare di meno.
Ecco quello che succede quando iniziamo a perdere peso, almeno fino a quando l’organismo non si sarà assestato ad un nuovo equilibrio. Bisogna avere un po’ di pazienza, continuare con lo stesso regime senza patire la fame e rinunciare ai piacere della buona tavola, e dopo qualche settimana ricominceremo a perdere peso per nuovo assestamento.
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Abbiamo visto in un precedente articolo i vantaggi della cottura sottovuoto, che ha lo scopo prioritario di mantenere quanto più possibile le caratteristiche organolettiche naturali della materia prima e di esaltarne gli aromi e i sapori.
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La cottura sottovuoto nacque quasi per caso nel 1974, quando lo chef francese George Pralus era alla ricerca di una tecnica che aumentasse il tempo di conservazione del fois gras, senza alterarne l’aspetto ed il gusto. Ebbe il supporto di un nutrizionista universitario e dei laboratori di analisi da lui messi a disposizione.
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Tra le spezie più interessanti dal punto di vista nutrizionale c’è sicuramente la “curcuma”. Si ottiene dal rizoma (fusto sotterraneo con funzioni di riserva) di piante erbacee della famiglia delle Zinziberaceae, originarie dell’Asia meridionale e coltivate in tutti i paesi tropicali, dopo averlo essiccato e triturato. È uno dei componenti del curry.
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I grassi sono contenuti in tutti gli alimenti, anche nella frutta e nella verdura in quanto sono una componente fondamentale delle membrane cellulari. Sono anche una componente di alcuni ormoni (ad esempio gli estrogeni) ed alcune vitamine, come la vitamina D.
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Considerare il cibo solo in termini di macronutrienti, cioè in grado di fornire energia e proteine per la crescita, è riduttivo: in verità, secondo le più moderne teorie scientifiche, l’interazione con l’organismo è molto più complessa. Infatti molti composti che si formano dopo che il cibo è stato digerito si comportano anche da veri e propri ormoni.
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Affinché la “macchina” funzioni dobbiamo fornire carburante, ossia cibo che fornisce energia misurata in termini di calorie. Quindi, per non ingrassare, le calorie introdotte con la dieta devono essere eguali a quelle consumate per le varie funzioni espletate dal nostro organismo. E per dimagrire basta fornire meno calorie di quelle consumate ed il gioco è fatto!
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Gli acidi grassi omega-3 e omega-6 sono acidi grassi cosiddetti polinsaturi (PolyUnsaturated Fatty Acids, PUFA), ossia contengono uno o più doppi legami tra due atomi di carbonio; il termine omega-3 o omega-6 sta ad indicare la posizione in cui si trova il primo doppio legame della catena. Sono nutrienti essenziali in quanto l’organismo non è in grado di sintetizzarli e quindi deve necessariamente assumerli con la dieta.
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Si parla molto dei radicali liberi e di quanto essi possano essere dannosi poiché hanno la capacità di reagire con molte molecole presenti negli esseri viventi trasformandole e interferendo negativamente con la loro funzione: avviene in questi casi un fenomeno che viene definito stress ossidativo.
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